(CEV) "L'Evangelo come mi è stato rivelato", Vol. 2, p. 555,
Dice Gesù: "Non fornicate! Non volgete intorno lo sguardo cercando di leggere sul volto di uno la parola : "lussurioso". Abbiate carità reciproca. Amereste che uno la leggesse su voi? No. E allora non cercate leggerla nell'occhio turbato del vicino, sulla sua fronte che arrossa e si curva al suolo.
E poi... Oh! dite, voi uomini in specie. Quale fra voi non ha mai messo i denti in questo pane di cenere e sterco che è la soddisfazione sessuale? Ed è lussuria solo quella che vi spinge per un'ora fra braccia meretrici? Non è lussuria anche il profanato connubio con la sposa, profanato perché è vizio legalizzato essendo reciproca soddisfazione del senso, evadendo alle conseguenze dello stesso?
Matrimonio vuole dire procreazione,
e l'atto vuol dire e deve essere fecondazione.
Senza ciò è immoralità. Non si deve del talamo fare un lupanare. E tale diventa se si sporca di libidine e non si consacra con delle maternità. La terra non respinge il seme. Lo accoglie e ne fa pianta. Il seme non fugge dalla zolla dopo esservi deposto. Ma subito genera radice e si abbranca per crescere e fare spiga, ossia la creatura vegetale nata dal connubio fra la zolla e il seme.
L'uomo è il seme, la donna è la terra, la spiga è il figlio. Rifiutarsi a far la spiga e sperdere la forza in vizio, è colpa. E' meretricio commesso sul letto nuziale, ma per nulla dissimile dall'altro, anzi aggravato dalla disubbidienza al comando che dice: “Siate una sola carne e moltiplicatevi nei figli”.
Perciò vedete, o donne volutamente sterili, mogli legali e oneste non agli occhi di Dio ma del mondo, che ciononostante voi potete essere come prezzolate femmine e fornicare ugualmente pur essendo del solo marito, perché non alla maternità ma al piacere andate troppo e troppo spesso.
E non riflettete che il piacere è un tossico che aspirato da qual che sia bocca contagia, fa arsi di un fuoco che credendo saziarsi si spinge fuor dal focolare e divora, sempre più insaziabile, lasciando acre sapor di cenere sotto la lingua e disgusto e nausea e sprezzo di sé e del compagno di piacere, perché quando la coscienza risorge, e fra l'una febbre e l'altra essa sorge, non può non nascere questo sprezzo di sé, avviliti fino a sotto la bestia?
“Non fornicate” è detto.
E' fornicazione molta parte delle azioni carnali dell'uomo. E non contemplo neppure quelle inconcepibili unioni da incubo che il Levitico condanna con queste parole :
"Uomo : non ti accosterai all'uomo come fosse una donna" e : "Non ti accosterai ad alcuna bestia per non contaminarti con essa. E così farà la donna e non si unirà a bestia perché è scellerataggine."
Ma dopo avere accennato al dovere degli sposi verso il matrimonio, che cessa d'esser santo quando, per malizia, diviene infecondo, vengo a parlare della vera e propria fornicazione fra uomo e donna per vizio reciproco e per compenso in denaro o in doni.
Il corpo umano è un magnifico tempio che racchiude un altare. Sull'altare dovrebbe essere Dio. Ma Dio non e dove è corruzione. Perciò il corpo dell'impuro ha l'altare sconsacrato e senza Dio.
Pari a colui che si avvoltola ebbro nel fango e nei rigurgiti della propria ebbrezza, l'uomo avvilisce se stesso nella bestialità della fornicazione e diviene peggio del verme e della bestia più immonda. E ditemi, se fra voi è alcuno che ha depravato se stesso sino a commerciare il suo corpo come si fa mercato di biade o di animali, quale bene ve ne è venuto? Prendetevi proprio il vostro cuore in mano, osservatelo, interrogatelo, ascoltatelo, vedete le sue ferite, i suoi brividi di dolore, e poi dite e rispondetemi era così dolce quel frutto da meritare questo dolore di un cuore che era nato puro e che voi avete costretto a vivere in un corpo impuro, a battere per dare vita e calore alla lussuria, a logorarsi nel vizio?
Ditemi: ma siete tanto depravati da non singhiozzare nel segreto, sentendo una voce di bimbo che chiama: "mamma" e pensando alla vostra madre, o donne di piacere, fuggite da casa, o cacciate da essa perché il frutto marcito non rovinasse col suo trasudante marciume gli altri fratelli? Pensando alla vostra madre che forse è morta dal dolore di doversi dire: " Ho partorito un obbrobrio"?
Ma non vi sentite cadere il cuore per terra, incontrando un vecchio solenne nella sua canizie e pensando che su quella del padre voi avete gettato il disonore come un fango preso a piene mani, e col disonore lo scherno del paese natio? Ma non vi sentite torcere le viscere di rimpianto vedendo la felicità di una sposa o la innocenza di una vergine, e dovendo dire : " Io tutto questo l'ho rinunciato e non lo avrò mai più! "?
Ma non sentite come scotennarvi dalla vergogna il volto, incontrando lo sguardo degli uomini o bramoso o pieno di spregio? Ma non sentite la vostra miseria quando avete sete di un bacio di bimbo e non osate più dire: " Dammelo" perché avete ucciso delle vite all'inizio, respinte da voi come peso noioso e un inutile impiccio, staccate dall'albero che pur le aveva concepite, e gettate a far letame, e ora quelle piccole vite vi gridano : " assassine! "?
'Ma non tremate, soprattutto, di quel Giudice che vi ha create e vi attende per chiedervi : "Che hai fatto di te stessa? Per questo, forse, ti ho dato la vita? Pullulante nido di vermi e putrefazione, come osi stare al mio cospetto?
Tutto avesti di ciò che per te era il dio: il piacere. Va' nella maledizione senza termine".
Maria Valtorta: L'Evangelo come mi è stato rivelato