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La Sindone: Unica testimone della Resurrezione di Gesu’

Il naso spaccato da una terribile bastonata, che ha gonfiato una guancia e un occhio, gonfio il labbro per i pugni ricevuti. Sulla testa hanno messo un vero e proprio casco di spine

Sindone

Il silenzio è perfetto, gli sguardi sono concentratissimi e l’emozione si tocca con mano: tutti gli studenti sono sempre pieni di stupore ogni volta che spiego la Sindone. Quel testimone silenzioso ha colpito ancora. Le sue ultime ore di vita dedotte dal lenzuolo, provocano domande preziose. Ma andiamo indietro nel tempo, a quel venerdì 3 aprile dell’anno 33 d.C. (sembra infatti che la datazione più avvalorata, sia proprio questa)

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La sindone proviene da Gerusalemme.

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Intanto è interessante osservare che i pollini non sono incollati sulle fibre e non sono coperti di colore, come accadrebbe se si trattasse di una pittura, ma sono liberi, al di sopra o fra le fibre del lino (l’immagine a sinistra riproducono gli stessi pollini trovati sia sulla Sindone che sul Sudario di Oviedo). Ma poi è importante rammentare che la pollinologia, ingrandendo 36.000 volte le trame della Sindone, ha documentato sia il lungo viaggio fatto da questo telo, in duemila anni di storia (confermando che il famoso telo ha soggiornato in Palestina, in Turchia, in Francia e in Italia), sia la sua provenienza da Gerusalemme (per esempio il Zygophillum dumosum, si trova esclusivamente nei dintorni di Gerusalemme e al Sinai). Ma oltre ai pollini, anche gli studi sulle tracce di un terriccio tipico anch’esso di Gerusalemme (sul ginocchio, il calcagno e il naso), hanno confermato la sua provenienza.

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Sulla Sindone ci sono tracce di sangue
(non di pittura), compresa l’aloe e la mirra

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“…E il suo sudore divenne come gocce di sangue
che cadevano per terra"
(Lc 27, 44).

Luca, che era medico, riferisce questo fenomeno con realismo. La natura umana di Gesù, conoscendo nel presente ciò che stava per accadere, reagì con un terrore enorme ed una tristezza profondissima. Gli sembrava quasi di morire. Tutto questo è stato accompagnato da un fenomeno, raro sì ma che può verificarsi in medicina, chiamato HEMATRIDOSIS, cioè una sudorazione speciale accompagnata da sangue.

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Il fenomeno consiste in questo: di fronte ad un grande timore o terrore, le glandole sudorali si dilatano e, nello stesso tempo, si verifica una grande vasodilatazione dei capillari sottocutanei che sono collegati alle ghiandole. Questa vasodilatazione dei capillari produce una secrezione maggiore delle ghiandole sudorali.

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Le ghiandole sudorali, dilatate al massimo, comprimono i capillari, che si rompono. Il sangue dei capillari rotti, si mescola con il sudore e questo miscuglio sale alla superficie del corpo per mezzo dei pori. Questo miscuglio, una volta sopra la pelle, si scinde: da una parte il sudore che cade e dall’altra il sangue che, più denso, si mantiene fra le rugosità della pelle e la lanuggine, dove si coagula (il tempo di coagulazione va da due minuti e mezzo a cinque minuti e mezzo). I piccoli grumi, così formati sopra la pelle, cadono a terra sospinti dal nuovo e abbondante sudore che continua a sgorgare. E così di seguito.

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Il corpo dell’uomo avvolto dalla Sindone, dovette essere tutto ricoperto da un sottile strato di sudore e di sangue (emoglobina) che diedero origine all’impronta straordinariamente perfetta del suo corpo. Parte del ferro contenuto nell’emoglobina dei globuli rossi potè rimanere inglobato nelle trame del tessuto, perché l’elaboratore elettronico ha rivelato la presenza di microtracce di ferro (uno dei componenti dell’emoglobina) su tutta l’impronta del corpo; il che sta a dimostrare la presenza di sudore di sangue su tutta la sua superficie.

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È stato possibile determinare il gruppo sanguigno e cioè il gruppo AB, lo stesso che è risultato dall’esame della Carne e del Sangue del miracolo di Lanciano.

“E portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre (circa 33 kg). Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo legarono (édesan) con bende (othónia) insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei. (Gv 19, 38-40)

Anche la presenza di aloe e mirra è stata accertata.

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Il volto dell’uomo della Sindone è una maschera di sangue.

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Il naso spaccato da una terribile bastonata, che ha gonfiato una guancia e un occhio, gonfio il labbro per i pugni ricevuti; lacerata la fronte dalle spine.

“E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo” (Mc 15,16-20)

“E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna
e lo percuotevano sul capo” (Mt 27,30)

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Sulla testa dell’uomo della sindone non hanno messo una corona di spine, ma un vero e proprio casco di spine. Una specie di elmo pungente. “E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un manto di porpora, e dicevano:

"Salve, o re dei Giudei»; e lo schiaffeggiavano” (Gv 19,2-3)

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Il laboratorio Jet Propolsion a Pasadena sottopose le foto della Sindone a un’analisi particolareggiata e riportò quanto segue: “Il computer confermò che Gesù fu incoronato con un casco completo di spine. La parte destra del volto è sfigurata. I capelli della parte sinistra del volto è inzuppata di sangue… nella guancia si può vedere un colpo di pugno che ruppe la cartilagine del naso. E’ pure possibile capire in che modo fu flagellato. Fu preso in posizione retta per ricevere il flagello da due uomini, uno da una parte e l’altro dall’altra parte. Gli studi mostrano che egli ricevette molto di più di cento e venti staffilate. Solo la regione del cuore fu risparmiata.”

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L’uomo della sindone è stato flagellato

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La flagellazione era una punizione temutissima, perché particolarmente cruenta. Era una fustigazione fatta con bastoni, verghe o gatto a nove code, strumento quest’ultimo che consisteva, nella tipologia romana, in un corto bastone cui erano assicurati diversi lacci che terminavano con artigli metallici, piombi e schegge d’ossa che provocavano tremende lacerazioni e fratture al torturato.

“Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare” (Gv 19,1)

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Nella mente di Pilato la flagellazione era finalizzata alla liberazione di Gesù (“Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, disse:

"Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; 15 e neanche Erode, infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. 16 Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò” (Lc 23).

Presso i romani la flagellazione non aveva limiti di colpi, ma non poteva essere inflitta ai cittadini romani, per cui l’uomo della sindone non era cittadino romano. Gesù non venne flagellato durante la salita al Calvario, com’era d’uso, per cui i colpi si distribuirono su tutto il corpo in modo ordinato, essendo fermo.

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Tra i flagelli usati vi era quello chiamato flagrum taxillatum,di cui a Roma esiste un esemplare al Museo Nazionale delle Terme. Era formato da due piccole sfere unite da un’asse metallico lungo 3 cm., montato su due corregge di cuoio. Numerosi segni di flagellazione sono visibili nell’immagine della Sindone dove si distinguono le impronte del temibile flagrum romano, munito di palline di metallo o frammenti d’osso che laceravano la pelle e strappavano pezzettini di carne. I colpi sono distribuiti su quasi tutto il corpo (circa 120) esclusa la regione cardiaca, dove avrebbero potuto provocare la morte.

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All’uomo della sindone non hanno fatto il crurifragium

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Jehohanan ben Hagqwl è il nome che compare sul lato di un sepolcro rinvenuto a circa un chilometro e mezzo a nord della porta di Damasco a Gerusalemme: è probabilmente il nome di un condannato alla croce. Le ossa dei piedi, rinvenute in questo sepolcro, conservano il chiodo che li ha trapassati e che, essendosi incurvato durante la crocifissione, non fu tolto dalle carni del condannato prima che questi venisse sepolto. Anche su ciò che resta dell’avambraccio destro si possono notare significative scalfitture dovute, presumibilmente, al chiodo infisso. La tibia e il perone sinistri sono spezzati in modo anomalo (cioè non dovuto al cattivo stato di conservazione o altro); essi fanno pensare alla particolare azione, nota col nome di “crurifragium”, che i carnefici attuavano sui condannati al patibolo della croce per accelerarne la morte: spezzavano loro le gambe con un colpo secco, di un grosso bastone o di una specie di mazza.

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L’immagine dell’uomo della Sindone non presenta segni di frattura agli arti inferiori. Non c’è stato bisogno di affrettarne la morte perché quell’uomo è morto nell’arco di circa tre ore. Il vangelo racconta che anche Pilato si meravigliò della velocità con cui Gesù era morto :

“Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo” (Marco 15,44)

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L’uomo della sindone ha ricevuto un colpo di lancia
all’altezza del cuore, quando era già morto

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“Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua" (Gv 19)

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Anche di questo famoso “colpo di lancia nel fianco” troviamo chiarissime tracce nel telo sindonico. La tradizione apocrifa conservata negli “Atti di Pilato”, indica che il colpo fu inferto nel fianco destro: nella stessa posizione rinvenibile sulla Sindone. E’ una ferita della lunghezza di 4,5 cm e della larghezza di 1,5 cm, con il tipico aspetto di ferita da punta e taglio e localizzata nel quinto spazio intercostale.

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Ma oltre al sangue è presente anche un alone, che lo circonda interamente e che in un certo senso l’ha diluito. Si tratta di siero, la parte liquida della sostanza ematica completa. Nel telo sindonico quindi, sono presenti le tracce di quel sangue e di “quell’acqua” di cui Giovanni tanto dettagliatamente ci racconta. Un pittore o un qualsiasi mistificatore medievale non poteva assolutamente simulare un evento del genere, in quanto a quei tempi, della parte liquida e corpuscolare del sangue, non se ne sapeva assolutamente nulla.

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La sindone ha avvolto un cadavere già in rigor mortis

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“Giuseppe (di Arimatea), preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo (sindòn) e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò." (Mt 27,59-60)

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Che la sindone abbia avvolto un cadavere, ce lo dicono con certezza il “rigor mortis” del corpo e le tracce di sangue del costato (sangue di morto).

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L’uomo della sindone è rimasto avvolto
nel lenzuolo per meno di 40 ore

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Sappiamo con certezza che l’uomo della sindone è rimasto avvolto nel lenzuolo per non più di 36-40 ore perché, al microscopio, non risultano tracce di putrefazione (la quale comincia appunto dopo quel termine). In effetti anche Gesù è rimasto nel sepolcro dalle 18 circa del venerdì, all’aurora della domenica. Circa 35 ore.

“Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù” (Lc 24, 1-2)

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Le bende erano afflosciate, svuotate, e non ripiegate

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“Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende (othónia). E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto." (Lc 24,12)

E’ legittimo chiedersi: perché quel grande stupore? Il corpo, per esempio, poteva essere stato rubato; perché Pietro non ci ha pensato per niente? Un motivo c’è.

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Ai suoi occhi (e di Giovanni, come egli stesso spiega nel suo vangelo) tutto era esattamente nella stessa posizione di tre giorni prima! Il lenzuolo e le fasce non erano né aperte e neanche smosse: erano semplicemente afflosciate su loro stesse. In altre parole, il corpo di Gesù, risorgendo, non si era tolto di dosso le fasciature, ma ne era uscito senza scomporle.

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Quel corpo era svanito dall’interno del lenzuolo (sindone) che l’avvolgeva e quindi il telo e le fasce, non avendo più cosa avvolgere, si erano semplicemente afflosciate su loro stesse. Rubare un corpo avrebbe significato tagliarle, strapparle o, quanto meno, spostarle. Invece quel corpo era “uscito” dalla fasciatura, senza alcun movimento fisico del corpo stesso; come passando attraverso il lenzuolo. E’ questa è la parte affascinante degli studi sulla Sindone: le tracce della risurrezione di Gesù.

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L’immagine dell’uomo della sindone è tridimensionale;
un’impronta lasciata da un’esplosione di luce.

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“L’angelo disse alle donne: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto” (Mt 28, 1-7)

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Se si osserva l’immagine sindonica, si nota che il volto non è illuminato né da destra né da sinistra. E’ esso stesso fonte di luce. Qui descriverò due “impronte” della resurrezione, lasciate sulla Sindone. La prima riguarda lo studio fatto (con potenti microscopi) dei coaguli di sangue.

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Grandi fiotti di sangue erano penetrati nelle fibre del lino, formando tanti grossi coaguli, e una volta secchi tutti questi coaguli erano diventati grossi grumi di un materiale duro, ma anche molto fragile, che incollava la carne al tessuto proprio come farebbero dei sigilli di ceralacca. Ebbene: nessuno di questi coaguli risulta spezzato e la loro forma è integra proprio come se la carne incollata al lino fosse rimasta esattamente al suo posto. Lo studio dei coaguli al microscopio rivela che quel corpo si è sottratto al lenzuolo senza alcun movimento, come passandogli attraverso.

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La seconda orma è la più affascinante di tutte: l’immagine di quell’uomo (che non ha traccia di colore o pigmento) è la bruciatura superficiale del lino, causata dallo sprigionarsi istantaneo di una formidabile e sconosciuta fonte di luce proveniente dal corpo stesso, in ortogonale rispetto al lenzuolo (fatto anch’esso inspiegabile). Un’esplosione di energia portatrice di vita!

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Una bomba atomica che, anziché distruggere, ha ridato vita. Un impulso di luce ultravioletta2 che ha “stampato” l’immagine sindonica, negli strati più esterni del singolo filo di lino.

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Qualche studioso parla di un “effetto corona”, cioè di un processo energetico che non avrebbe a che fare semplicemente con un fenomeno chimico per contatto (perché l’immagine esiste anche in zone che certamente non toccavano la pelle dell’uomo, come per esempio quella fra naso e guance o quella fra bulbo oculare e sopracciglia) ma con una radiazione potentissima durata solo qualche attimo (si parla quindi di una durata variabile da qualche microsecondo fino a pochi secondi). Insomma: un lampo di energia potentissima.

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Né “cristiani duri e puri”, né fanatici sindonici.

Sindone

Quando si parla di sindone, spesso gli animi si dividono in due categorie: i cristiani tutti d’un pezzo (della serie: “Della sindone non mi interesso perché la mia fede non si basa su un telo”) e quelli che partono per le crociate sindoniche (della serie “Guai a metterne in dubbio l’autenticità”). Invece non ci farebbe male guardare quel telo come un possibile regalo prezioso permesso da Dio. In fondo nella frase liturgica “Tutta la terra desidera il tuo volto” c’è il segreto della grande attrazione verso questo lenzuolo.

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Voglio finire con un aneddoto. Il vescovo di Mileto, parlando della famosa mistica Natuzza Evolo, raccontò questo episodio: “A Natuzza è stato posto il problema, ma è vera o non è vera la Sindone? – Lei ha risposto così: la Sindone è veramente il lenzuolo che ha avvolto Gesù il Venerdì Santo, ma la scienza non riuscirà mai a provarlo”.

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Fonte: In Te mi rifugio